Truth Well Told, la verità ben raccontata, e molto altro…
Parlando di “verità ben raccontata”, come si può attualizzare questa frase in un contesto delicato fra greenwashing e ritorno d’immagine?
The “Truth Well Told”, è la sintesi perfetta della comunicazione pubblicitaria, ossia l’unione dell’eticità della “verità” con l’estetica creativa del “ben comunicato”. Infatti in quel “ben” si sottintendeva proprio l’indoratura creativa che serve a rendere più bello ciò che la realtà propone. Allora, e parliamo del 1912, questo slogan, dirompente e nobilitante per la professione pubblicitaria, certo non avrebbe potuto immaginare quanto più spazio negli anni a venire avrebbe preso il concetto di “ben” invece della stentorea “verità”. Infatti l’aspetto creativo estetico del messaggio, nel corso degli anni, trasformò la comunicazione in arte, dimenticando spesso il prodotto, costringendolo solo ad un minuscolo packshot.
Oggi per attualizzare questa frase bisognerebbe togliere quel “ben”, ossia dire la – verità raccontata – in cui “raccontato” diventa l’elemento dello “story telling” un Must nella comunicazione di oggi. Di certo con l’avvento della digitalizzazione, il confronto aperto e diretto online con le persone (gli ex consumatori passivi del Kotler) non ammette frottole. Anche adottando politiche di Greenwashing non si va molto in là. Famoso è il caso di Nutella e l’olio di Palma, risolto con una limpida dichiarazione dell’azienda senza troppe mistificazioni. Le persone oggi vogliono certezze e sono pronti a validare o no un prodotto o servizio, in modo diretto e senza sconti. Il consumatore è più evoluto, legge e si informa, interagisce ed ha una sensibilità etica rispetto a valori come la sostenibilità, il riciclo, la provenienza delle materie, la qualità, l’inclusione. La Brand Reputation infatti si misura online con il parere degli utenti.
Le aziende hanno capito che se questo dialogo diretto apre molte opportunità è solo per la fiducia che si riesce ad instaurare col suo pubblico. Non a caso in uno spot, qualche anno fa, un meteorite cadeva sulla famiglia felice stereotipata, aprendo di fatti la strada ad una nuova generazione di comunicazioni più reali, con informazioni precise e una maggiore adesione alla realtà. Le persone non vogliono credere alle favole irrealizzabili o modelli inesistenti, vogliono riferimenti veri, sognare la straordinarietà della realtà.
Quanto è importante, nel campo della comunicazione, una figura che sia in grado di avere uno sguardo sulla totalità del processo della creazione di un progetto?
Direi che è fondamentale, senza una guida critica in grado di direzionare il lavoro nel modo giusto non si può fare qualità. Oggi si assiste ad un impoverimento degli organici in generale in tutti i settori, concentrando su poche figure professionali svariate mansioni. I continui problemi di budget pongono le aziende a rinunciare a figure direzionali in grado di fare un lavoro approfondito. Infatti le aziende committenti centralizzano questa direzione con il cosiddetto marketing creativo, ma a mio avviso non è la stessa cosa. Un direttore creativo ha una visione sui mercati, si è rapportato con molti progetti di comunicazione, conosce i trend, ha l’esperienza e memoria storica per non cadere in banali prodotti creativi parassitari. Soprattutto stimola la ricerca e spinge il team a crescere e a trovare quell’insolito straordinario che fa la differenza. Il fatto è che una filiera creativa così composta, oggi costa.
Viviamo un’epoca in cui il consumo di comunicazione è centuplicato per cui le aziende sono costrette quotidianamente a comunicare in modo distintivo e in questa frenesia la qualità diventa banale e i brand si spersonalizzano perdendo la loro identità. I social sono il riciclo delle idee, con pochi contenuti interessanti e catching, ma tante inutili chiacchiere che passano con uno scroll. Popolare feed a basso costo non credo sia una tendenza che possa permanere, e sta dimostrando la sua inutilità. In particolare sono le agenzie digital a dover passare da un approccio meramente tecnico ad uno creativo. Io auspico presto un recupero del pensiero strategico, di creatività vera, che non sia solo mera esecuzione e sento fortissima questa esigenza da parte del mercato.
La moderna agenzia digital deve iniziare a lavorare sul contenuto e la forma perché è il pubblico che lo chiede. Altrimenti saremo tutti sostituiti dall’IA.
È possibile riflettere sul metodo in cui le agenzie potrebbero sfruttare questi strumenti creativamente?
L’IA ha fatto il suo esordio meravigliando tutti con la capacità di creare contenuti testuali e visivi di grande coerenza. Ovviamente è un sistema agli inizi, per cui oggi non è possibile ancora basarsi su questa automazione, il prodotto che ne deriva è decisamente non professionale, ma lascia già intravedere quali saranno le enormi potenzialità che racchiude. Studiare l’IA ci permetterà di collaborare con un sistema in grado di raccogliere velocemente informazioni e velocizzare i processi creativi. Non credo potrà mai sostituire la creatività, poiché le logiche del pensiero laterale creativo sono talmente complesse e sono il risultato individuale di tutti gli aspetti di una persona che una macchina difficilmente potrà imitare. Anzi credo che l’IA favorirà proprio quel controllo creativo che solo una persona può avere.
Con l’IA potremo definire con maggiore certezza una strategia, poiché in pochi secondi sarà in grado di analizzare quantità di dati statistici ed elaborare un programma di lavoro compiendo analisi immediate, creando modelli sui casi di successo, ma sicuramente non potrà arrivare a comporre un processo creativo di comunicazione che non prescinda dalla logicità e la creatività spesso sorprende la logica.
Riusciremo mai a trovare un punto di incontro e imparare a utilizzare in maniera sostenibile l’intelligenza artificiale?
Il punto di incontro è inevitabile e sarà un processo di integrazione che da oggi ci condurrà verso una trasformazione del nostro lavoro in cui il creativo ne sarà alla guida. Quando negli anni 90 il computer entrò nelle agenzie di comunicazione con la potenza dei programmi grafici, nessuno poteva immaginare che in pochi anni avrebbe sostituito il lavoro manuale, aumentandone le capacità espressive in tutti i campi della comunicazione. Non sostituì i creativi ma ne generò di nuovi ampliandone le capacità espressive. Noi vecchia guardia che componevamo a mano i layout e le lastre di stampa, abbiamo velocemente assorbito questa innovazione e dato una grande accelerazione ai processi creativi. L’IA sarà un ulteriore slancio verso una nuova era. Quindi alleiamoci subito con un sistema che in pochi anni ci trasformerà ampliando le nostre capacità espressive.